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Marco Menicacci (Konstanz)



Marco Belpoliti (2015): Primo Levi di fronte e di profilo. Milano: Ugo Guanda Editore.



Settecentotrentacinque pagine, tredici capitoli, dieci fotografie, tre caratteri tipografici diversi, vent'anni di lavoro. Ecco solo alcune, macroscopiche cifre di un libro che testimonia la 'lunga fedeltà' di Marco Belpoliti a uno dei massimi autori – è bene ricordarlo, ogni tanto – del Novecento italiano.

La fortuna o, più precisamente, la complicata ricezione dell'opera di Primo Levi è andata incontro a un destino particolare per una serie di ragioni almeno in parte prevedibili. Il giusto e tuttavia tardivo riconoscimento dell'altissimo valore testimoniale della sua opera ha infatti avuto l'effetto collaterale di mettere in ombra non solo l'eccezionale qualità letteraria delle sue opere, ma la profondità e l'interezza (l'integrità) della sua personalità umana, letteraria e filosofica.

Ancora oggi, non di rado, si ha l'impressione che i lettori siano abituati a prendere da Primo Levi solo ciò che desiderano e che a priori si aspettano, senza necessariamente ascoltarlo davvero e in profondità, fin nei suoi messaggi più scomodi e nelle sue analisi dell'umano che fanno di lui un impareggiabile moralista da leggere – avvertiva Belpoliti già tanti anni fa – insieme a Montaigne e a Pascal.

E se i libri 'canonici' di Levi si trovano ormai in ogni libreria, sarebbe auspicabile incrementare anche la diffusione di opere meno note, ma parimenti pregevoli e utilissime per approfondire la conoscenza di un autore complesso non certo perché oscuro, ma perché dotato di una acutissima, iridescente e instancabile intelligenza, oltre che di una forza creativa unica.

Primo Levi di fronte e di profilo, dunque: completa, precisa e aggiornata, questa è una monografia che da molti anni mancava e che diventerà un irrinunciabile companion da tenere costantemente sulla scrivania di studenti, studiosi e appassionati lettori. Al rigore storico-filologico si fonde la freschezza di uno sguardo critico che, come si legge nello scritto introduttivo, intende illuminare tutti gli aspetti di un autore decisamente poliedrico: testimone, narratore orale, poeta, scrittore (ebraico, politico, italiano, piemontese) di romanzi, racconti, saggi, e ancora chimico, epistemologo, linguista, etologo e finissimo antropologo.




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Nonostante Belpoliti stesso suggerisca la possibilità di una consultazione da enciclopedia, il libro ha una sua interna coesione e dunque si può leggere anche come un avvincente, labirintico romanzo: un percorso lungo una vita intera e anzi di più, dato che l'opera leviana si proietta ben oltre i confini biologici del proprio autore e arriva, intatta e dirompente, fino alla più immediata contemporaneità.

Nello scritto introduttivo ("Introduzione, dove si spiega perché e come è stato scritto questo libro nel corso del tempo") Belpoliti ricorda che già a inizio anni Novanta, durante i lavori al numero speciale di "Riga" – divenuto ormai una rarità da bibliofili – si rese conto che "Levi non era solo il testimone dello sterminio ebraico, tema centrale nella letteratura di quel periodo, ma anche e soprattutto uno scrittore unico e straordinario" (13). "A differenza di altri autori bidimensionali", infatti, Primo Levi è un autore "a tre, o forse persino quattro dimensioni"; e, dunque, "al di là della vulgata che lo semplifica e lo riduce sovente a un santino, è uno scrittore complesso e impervio, che contiene molteplici aspetti spesso non immediatamente visibili" (15).

Il volume si divide in macrocapitoli disposti secondo la cronologia delle opere e dotati di una titolazione che imita quella di manoscritti medievali o dei libri settecenteschi, presentandoci "vere e proprie frasi, descrittive del contenuto del capitolo" (19). Il primo, ad esempio, recita: "Se questo è un uomo. Come e perché Primo Levi l'ha scritto e pubblicato per la prima volta nel 1947 presso una piccola casa editrice torinese".

Ogni capitolo muove da una dettagliata storia (compositiva ed editoriale) del testo, in cui Belpoliti raccoglie, aggiorna e accresce il materiale che aveva affidato a pubblicazioni precedenti e soprattutto ai due ricchi, indispensabili volumi delle Opere, usciti per il decennale della scomparsa di Levi nell'elegante collana Nuova Universale Einaudi (dal 2016 è disponibile la nuova edizione, aggiornata e notevolmente accresciuta, con il titolo Opere complete: per ora sono due volumi, ma è prevista a breve l’uscita del terzo, dedicato alle interviste).

Parlando della redazione di Se questo è un uomo, ad esempio, vengono prese in esame non solo le sorprendenti vicende editoriali, ma la lunga e complessa fase compositiva, a partire dai primi appunti (la Storia di dieci giorni, che diventerà l'ultimo capitolo dell'edizione De Silva) e dal Rapporto sull'organizzazione igienico-sanitaria del campo di concentramento per Ebrei di Monowitz (Auschwitz-alta Slesia) – scritto in collaborazione con Leonardo De Benedetti e destinato alle colonne di Minerva Medica –, per poi passare alle parti uscite sulla rivista L'amico del popolo di Silvio Ortona, fino ad arrivare all'edizione De Silva del 1947 e finalmente a quella Einaudi del giugno 1958.

Grazie a una esemplare disamina di mutamenti e varianti, Belpoliti mostra che "Levi non ha mai smesso di lavorare sul suo testo, creando un vero e proprio laboratorio composto di quaderni, appunti, fogli dattiloscritti" (33). Ed ecco, per approfondire, una sezione sul "Laboratorio artigiano Levi", dedicata a spiegare "come ha lavorato, cosa che ci permette anche di comprendere che tipo di scrittore sia stato al suo debutto, e come si è modificato nel corso dei quarant'anni in cui ha esercitato il suo 'secondo mestiere'" (46–47).




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Parimenti interessanti, per fare solo un altro esempio, sono le pagine dedicate al primo volume di racconti non legati alla testimonianza e in un primo momento firmati con l'eloquente pseudonimo Damiano Malabaila: Storie naturali, uscito nel 1966 nella collana einaudiana "I Coralli". Belpoliti ricostruisce il lungo processo che porterà alla pubblicazione e sottolinea come alcune parti risalgano addirittura al 1946 e quindi rappresentino un aspetto imprescindibile di una sola, multiforme attività creativa. Non si tratta peraltro di semplici divertimenti narrativi, bensì di immaginose e insieme acuminate "trappole morali" (così una definizione d'autore nel risvolto di copertina della prima edizione), che mettono continuamente l'uomo di fronte a se stesso e alle contraddizioni dell'esistenza.

Alle indagini storico-filologiche e variantistiche seguono, evidenziati da un diverso carattere tipografico, alcuni saggi su questioni fondamentali, come – sempre per rimanere al primo capitolo – "Perché Se questo è un uomo è stato respinto da Einaudi e da altri editori, ovvero perché è trascorso tanto tempo prima che fosse capito e apprezzato"; o ancora, passando al macrocapitolo su "Se non ora, quando?" quello che affronta altri aspetti del medesimo, bruciante problema: "Perché Primo Levi non è stato compreso dai letterati, ovvero la critica letteraria italiana e Levi, stroncature comprese (1947–1987)".

Altra componente sostanziale (e sostanziosa) del volume è l'ampio numero di Lemmi, stampati in un nitido carattere sans serif per renderli immediatamente identificabili e agevolare così la consultazione enciclopedica. Notevole quello dedicato al primo traduttore tedesco, Heinz Riedt, cui Levi scriverà "È forse Lei la persona che da anni speravo di incontrare"; o l'altro, piuttosto ampio, che parla del rapporto con le pagine di Franz Kafka, autore profetico e doloroso, frequentato anche in veste di traduttore (nel 1983 Einaudi pubblica la versione italiana di Der Prozess). Non manca, poi, il lemma "Leopardi" – un vero e proprio maestro e modello, la cui importanza per la poetica leviana è stata messa in luce solo di recente dalla critica –, o quello dedicato al fondamentale concetto di Zona grigia. Una miniera di informazioni risultano anche i lemmi sulla cultura scientifica ("Chimica", "Scienza", "Vernici", "Conservazione dei cibi" e così via) e sui molti animali che popolano gli scritti di Levi, da "Acciughe" a "Zanzare".

Ulteriore componente del volume, discreto ma non meno significativo, è il corredo iconografico: in tutto dieci fotografie, puntualmente commentate con un attento sguardo da iconologo. Sono piccole, in bianco e nero, con la risoluzione che la carta e il tipo di pubblicazione permettono, eppure costituiscono un viatico prezioso al lettore, fungendo da efficace introduzione alle tematiche dei capitoli limitrofi. Ecco, ad esempio, in esergo alle pagine dedicate a La tregua, la fototessera della falsa carta d'identità che Primo aveva con sé quando, il 13 dicembre del 1943, venne catturato insieme ad un piccolo gruppo di resistenti. Giustamente Belpoliti la mette tra i ritratti fotografici più belli, proprio per quell'aria indefinibile e sfuggente, resa affascinante da un misto di giovanile energia e brillante timidezza, da uno sguardo "perso e inoffensivo", che tuttavia emana "una sicurezza di fondo" (138): la forza di un immenso potenziale umano, intellettuale e artistico. Significativa, in senso diverso, anche l'ultima fotografia, che ritrae un terribile vuoto di scena: l'austera opulenza dell'androne di casa Levi a Torino ricorda un paesaggio interno privo di vita, abitato esclusivamente dalla materia, immobile e silenziosa.

A chiudere il libro, prima degli indici, è un capitolo su "La vita di Primo Levi per sommi capi" e una preziosa serie di percorsi bibliografici: "Cosa leggere per saperne di più" offre un catalogo ragionato che indica approfondimenti sugli argomenti trattati nei vari capitoli; a seguire, dettagliate bibliografie degli scritti, delle conversazioni e delle interviste.




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Evidentemente non si frequenta per molti anni un grande autore senza conseguenze: e così uno dei valori più preziosi di questo libro è l'atteggiamento di Belpoliti, che esercita con la massima libertà il suo acume critico, ma riesce a non rubare mai la scena a Primo Levi e a rendercene un ritratto davvero completo, 'di fronte e di profilo'.

Nel nostro tempo rumoroso, drogato di immediatezza e sensazionalismo, la scrittura di Levi oppone una genialità dimessa, mite ma impietosa, costituzionalmente immune da ogni protagonismo, narcisismo o vuoto affabulare. Ecco perché oggi come non mai c'è bisogno di leggere e rileggere Levi (possibilmente tutto Levi, riscoprendo anche i testi etichettati come 'minori'), non solo in quanto prezioso testimone, ma anche come straordinario scrittore e lucidissimo indagatore dell'umano. Nel percorrere o ripercorrere questo viaggio di lettura e pensiero, il libro di Marco Belpoliti ci offre l'accompagnamento migliore.