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Ottavia Nicolini (Frankfurt)



Keilhauer, Annette / Steinbrügge, Lieselotte (2013): Pour une histoire genrée des littératures romanes. Tübingen: Narr Francke Attempto



Ci sono libri che si scrivono nel silenzio della propria stanza e libri che invece presentano un dialogo a più voci, frutto di un processo collettivo di scambio di pensiero durato nel tempo. Il volume Pour une histoire genrée des littératures romanes, curato da Annette Keilhauer e Lieselotte Steinbrügge appartiene sicuramente a questa seconda tipologia in quanto nasce come una raccolta di saggi presentati in occasione di un convegno tenutosi all'Università di Erlangen-Nürnberg nel 2012. Tema del libro è l'applicazione (o la mancata applicazione) dell'ottica di genere e della categoria di Gender all'interno della storiografia letteraria nei paesi di lingua romanza. Ciò di cui si discute in queste pagine dunque non è tanto una presa di posizione sulla legittimità o meno della categoria di genere, o su una sua definizione – temi che oramai, dopo trenta anni di ricerca femminista sono dati per scontati – quanto una riflessione sull'impatto che l'analisi di genere ha avuto (o non ha avuto) sul modo stesso di fare storia della letteratura, in particolare sulle sue categorie e periodizzazioni storiografiche. In questo libro ci si confronta con una domanda, per così dire, di secondo livello – come è possibile fare storia della letteratura tenendo conto dell'ottica di genere? – il cui obiettivo non è più quello di riportare alla luce figure di donne e di scrittrici dimenticate o marginali rispetto al canone dominante, ma piuttosto quello di indagare quanto e come l'ottica di genere abbia contribuito a modificare le categorie stesse della storiografia, fino ad ora considerate neutrali rispetto ad un discorso sul genere.

Prima di entrare nel merito dei saggi è bene accennare brevemente, come del resto fanno le stesse curatrici, alla storia di questo convegno, la cui genesi ben sintetizza le difficoltà che gli studi di genere ancora incontrano nell'accademia e nell'ambito della romanistica tedesca. Annette Keilhauer e Lieselotte Steinbrügge infatti ci raccontano come il convegno che ha dato vita a questa raccolta di saggi fosse stato originariamente pensato come un panel autonomo nell'ambito del Deutscher Romanistentag, il Congresso nazionale dei romanisti di lingua tedesca per l'anno 2012. Intitolato "Romanistik im Dialog" esso era apparso come il luogo ideale per iniziare, per l'appunto, un dialogo tra gli studi di genere e la romanistica di lingua tedesca, così da saldare allo stesso tempo fratture e incomprensioni reciproche. Contrariamente a tali intenzioni il panel proposto è stato rifiutato apportando come motivazione il fatto che il tema proposto fosse troppo specifico e dunque poco adatto per un congresso nazionale. Secondo le curatrici questo rifiuto può essere interpretato come il sintomo di quel "fossato che" ancora oggi "attraversa la ricerca




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sulle letterature romanze" (5), dividendo tra un dentro e un fuori, tra studiose di Gender Studies – le addette ai lavori – e studiosi di letteratura romanza che poco vogliono saperne della categoria di genere e che continuano a proporre una storiografia letteraria neutra basata su un "universalisme trompeur" e "une fausse univocité" (6). Ripresentato qualche mese dopo presso l'università di Erlangen-Nürnberg questo convegno è diventato un'occasione per fare prima di tutto un punto sulla situazione degli studi di genere nella critica letteraria dei paesi di lingua romanza, sia ripercorrendo ciò che è stato fatto nel passato, sia provando a individuare nuove prospettive per la ricerca futura.

Otto sono i saggi contenuti nel volume, suddivisi in tre sezioni differenti, di cui la prima è dedicata ad un bilancio di questa tipologia di studi nell'ambito della critica letteraria della romanistica, la seconda alla presentazione di alcuni Case studies e l'ultima alle nuove prospettive per la ricerca. I tre saggi della prima sezione si pongono l'obiettivo di indagare l'uso della categoria di genere nel quadro delle diverse storiografie nazionali, soffermandosi in particolare su quella italiana – di cui il saggio di Rotraud von Kulessa analizza il ruolo, non esente da ambiguità, svolto dal filosofo idealista Benedetto Croce per quanto riguarda l'inclusione delle donne nel canone letterario nazionale italiano – e su quella francese, la cui produzione storiografica è stata analizzata da Lieselotte Steinbrügge. Da ultimo chiude il quadro l'indagine condotta da Florence Sisask sugli strumenti più recenti e di più ampia diffusione della storia della letteratura, quali le antologie e i manuali per le scuole superiori liceali stampati in Francia in particolare dopo l'anno 2000. Il quadro che risulta da queste letture appare piuttosto negativo, tanto da poter parlare, per quanto riguarda la più recente produzione storiografica, di una vera e propria "marche arrière" (46) dell'ottica di genere, come se l'analisi critica proposta da questi studi fosse stata in qualche modo addomesticata e conseguentemente messa da parte. Lieselotte Steinbrügge constata come, nell'ambito delle storie della letteratura francese più diffuse, le analisi di genere siano praticamente inesistenti e suggerisce, tra le diverse ipotesi, come alla base di questo rifiuto possa essere rintracciata una incomprensione di fondo relativa a che cosa significhi utilizzare il genere come categoria analitica nell'indagine storiografica letteraria. Secondo Steinbrügge infatti la categoria di genere, soprattutto in Francia, sembra essere irrevocabilmente identificata con la teoria dell' écriture féminine proposta da Hélène Cixous ignorando del tutto gli sviluppi che questa disciplina ha avuto nel corso del tempo, passati oramai trenta anni dalla sua entrata nelle università. Fare un bilancio degli studi di genere allora significa anche porsi il problema di storicizzare un'esperienza e un tipo di approccio, individuando i progressi e i cambiamenti e prendendo distanza, là dove necessario, anche da determinate metodologie.

La sezione dedicata ai Case studies è composta di due saggi che si propongono di mostrare, nella pratica degli studi, come oggi gli strumenti messi in campo dalla letteratura di genere risultino molto più complessi rispetto ad una mera divisione tra scrittori e scrittrici, andando ben al di là della produzione di un contro-canone delle donne o di una mera storia letteraria ginocentrica o puramente al femminile, così come oramai viene ripetuto da più parti e più voci nell'ambito della ricerca letteraria di genere.1




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Adesso evidentemente non si tratta più di stabilire un qualche tratto comune, ginocentrico, della scrittura delle donne o di discorrere con Natalie Sarraute, se "quand j'écris, je ne suis ni homme, ni femme" quanto di analizzare le implicazioni profonde che il discorso sul genere ha avuto nella formazione del canone letterario nazionale e conseguentemente nella formazione delle categorie storiografiche da noi quotidianamente utilizzate. Gli articoli di Andrea Grewe, "La nouvelle historique – un genre féminin? L'œuvre de Marie-Madeleine de Lafayette entre historiographie et fiction" (57–70) e di Hendrik Schlieper, "La naissance du roman à partir de l'esprit de la virilité. Pour une approche genrée de la poétique du naturalisme" (71–86) costituiscono una ottima esemplificazione di questo tipo di analisi in cui il genere, parafrasando le parole della teorica femminista J.W. Scott, diviene "un'utile categoria di indagine" storiografica (Scott 1986), in grado di restituire una comprensione a tutto tondo di alcune categorie della critica letteraria. Conseguentemente l'analisi proposta da Andrea Grewe prende di mira le distorsioni di genere che l'opera di Madame de la Fayette ha subito dalla critica posteriore – tra cui Voltaire in prima istanza – nel suo processo di canonizzazione, mostrando invece come con questa scrittrice non ci si trovi tanto di fronte ad un'anticipazione del moderno romanzo d'introspezione psicologica quanto ad nuovo genere letterario, la novella storica, in grado di rispecchiare la realtà di una concezione della storia al femminile, lontana dai grandiosi fatti militari e più vicina a quella politica degli intrighi di corte e alleanze matrimoniali gestita durante il XVII secolo principalmente dalle donne.2 Per quanto riguarda invece l'analisi della poetica di Emile Zola, l'articolo di H. Schlieper dimostra come essa "ne peut pas être comprise et contextualisée sans prendre en considération la dimension genrée" (77), rivelando come il manifesto poetico di Zola, Le Roman expérimental sia attraversato da una significativa dicotomia di genere che porta ad attribuire al nuovo romanzo naturalista le caratteristiche della mascolinità e virilità, lasciando all'opera delle donne le favole e le poesie leggere del romanzo di finzione.

Chiudono il libro i tre saggi di Margarete Zimmermann, Ina Schabert e Annette Keilhauer che, rivolgendosi al futuro, delineano una sorta di linee guida per la ricerca successiva. Seppur da prospettive spesso discordanti tra di loro, come nel caso di Margarete Zimmermann, tutti e tre i saggi concordano sulla necessità di proseguire la ricerca degli studi di genere, sottolineando il lavoro che ancora resta da fare affinché l'ottica di genere si affermi nell'ambito più generale delle categorie storiografiche stesse. Sia se, come sostiene Margarete Zimmermann in "À la recherche des autrices des temps passés. Traditions historiographiques" (89–104), si vuole continuare a scrivere una storia femminocentrica finalizzata a riportare alla luce quelle "genealogie femminili" invocate da Luce Irigaray (1989), sia se invece come sostiene Ina Schabert in "Des femmes en littérature anglaise et littérature franҫaise (XVIIe – XIXe siècle). Quelques perspectives sur une histoire comparée" (105–117) ci si vuole aprire ad una prospettiva comparatistica, la ricerca di genere ha indubbiamente bisogno di mettere in campo tutta una serie di nuovi apparati e categorie storiografiche. A questo proposito M. Zimmermann interrogandosi sulle prospettive future suggerisce di allargare l'analisi alla ricerca iconografica così come all'elaborazione di un catalogo delle tematiche comuni e ricorrenti tra le scrittrici quali ad es. la ricerca della propria identità, la percezione del rapporti tra i sessi o le utopie immaginate dalle donne. Dal canto suo Ina Schabert invoca, in una prospettiva comparatistica, l'introduzione di un concetto di storia transnazionale basata, piuttosto che sui canoni nazionali, sul mettere a fuoco le relazioni che ci sono state tra le donne e gli uomini delle differenti nazioni, prestando particolare attenzione agli influssi transnazionali che reciprocamente hanno influenzato uomini e donne di diversi paesi.




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Chiude il libro, come un cerchio, il saggio di Annette Keilhauer, "L'histoire littéraire comme genre narratif. Stratégies pour un renouveau genré de l'historiographie littéraire" (119–135) che, nel delineare il prossimo orizzonte della ricerca di genere non si esime dal ripercorrerne il passato in modo da guardare al futuro traendo al tempo stesso un bilancio del passato e viceversa. Anche A. Keilhauer si interroga profondamente sul perché di questo apparente "retour en arrière" (120) dei rapporti tra la storia letteraria ufficiale e gli studi di genere, domandandosi come uscire da questo stato di fatto. Rifiutandosi sia di ripercorrere quello che è già stato fatto, e dunque di riprendere gli argomenti e le rivendicazioni portate avanti dal femminismo negli anni '70, sia di addossare tutta la colpa ad un nuovo strutturale conservatorismo, a cui comunque bisogna rispondere rinnovando gli strumenti critici, Annette Keilhauer propone di percorrere una terza via che, mediando tra le diverse posizioni, si proponga di analizzare da una parte la "historiographie littéraire au sens large", dall'altra la "pratique de recherche en études sur le genre" (121). Lungi dall'essere una retractatio del lavoro svolto fino ad ora, questa terza via introduce nell'ambito degli studi di genere un insolito campo di ricerca: un'analisi storiografica interna alla propria disciplina. Rivolgendo dunque gli strumenti della critica alla propria elaborazione concettuale, Annette Keilhauer propone un'interessante operazione allo stesso tempo interna ed esterna agli studi di genere: interna in quanto riflette sulla costruzione del proprio percorso, tenendo conto che oramai sono passati 30 anni da quando la categoria di genere è entrata negli studi universitari – subendo un processo di accademizzazione (Hark 2005) – e esterna in quanto finalizzata a sviluppare una diversa strategia di integrazione tra gli studi di genere e la storiografia letteraria. Centro della sua analisi diventa la forma narrativa soggiacente al discorso di genere che, secondo l'autrice, ancora risente della prima fase di rivendicazione degli anni '70. Rifacendosi alle celebri analisi del discorso storiografico di Hayden White (1987) secondo cui la storia letteraria è fondamentalmente un progetto narrativo e alle intuizioni di Ulrich Schulz-Buschhaus sulla poetologia della critica letteraria, l'autrice rivolge lo sguardo innanzitutto all'interno del proprio canone disciplinare per cercare di mettere ordine e periodizzare le diverse fasi della critica di genere. Nel fare questo però nota uno scollamento, come se gli studi di genere, anche se oramai molto lontani dal "discours revendicatif de la première heure" (129), fossero ancora modellati su un sottotesto rivendicativo tale da rendere molto difficile un'integrazione con la storia letteraria più generale. Di fronte al rischio di non poter andare avanti l'autrice appare suggerire un movimento 'liberatorio' di storicizzazione dell'esperienza secondo cui solo distanziandosi da quel passato a cui nel frattempo si è riconosciuta piena legittimità, è possibile percorrere strade inedite e non ancora previste dalla ricerca, ovvero dischiudere un nuovo orizzonte di ricerca "dans un geste plus intégratif qu'exclusif" (135).




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Bibliografia

Hark, Sabine (2005): Dissidente Partizipation. Eine Diskursgeschichte des Feminismus. Frankfurt am Main: Suhrkamp.

Irigaray, Luce (1989): Le Temps de la différence. Paris: Librairie Générale Française.

Sapegno, M. Serena (2007): "Uno sguardo di genere su canone e tradizione", in: Ronchetti, Alessia/Sapegno, M. Serena (Hg.): Dentro/Fuori, Sopra/Sotto. Critica femminista e canone letterario negli studi di italianistica. Ravenna: Angelo Longo Editore, 13–23.

Schulz-Buschhaus, Ulrich (2012): "Genera und Modi der Literaturgeschichtsschreibung " in Das Aufsatzwerk [http://gams.uni-graz.at/usb/].

Scott, Joan W. (1986): "Gender: A Useful Category of Historical Analysis", in: American Historical Review 5, 1053–1075.

White, Hayden (1987): The Content of the Form. Narrative Discourse and Historical Representation. Baltimore: Johns Hopkins University Press.


Anmerkungen

1 A questo proposito è interessante notare come negli ultimi anni molta della ricerca dell'italianistica di genere si sia orientata su questo stesso piano, ritenendo di fondamentale importanza uscire dal movimento altalenante del genere di contrapposizione tra valori femminili e valori maschili, alla ricerca semmai di un superamento di questa dicotomia o di una analisi più approfondita degli effetti simbolici della differenza sessuale. Significativa, in occasione di un recente convegno dell'Italianistica, l'affermazione di M. S. Sapegno : "E' per questo e molti altri motivi che, per come vedo io le cose, siamo oramai molto lontane dal completo rifiuto della dimensione teorica vista come maschile, ma anche dal gynocriticism e dall'écriture féminine" (Sapegno 2007: 22).

2 Secondo l'autrice dunque: "L'exclusion de la dimension historique et politique de l'œuvre de Mme de Lafayette s'explique donc sans aucun doute par la réticence que la critique traditionnelle – masculine e bourgeoise – a éprouvée face à une conception de l'Histoire qui néglige les faits militaires du roi en faveur de la politique des alliances matrimoniales régies par les femmes et qui est liée en outre à l'image provocante de la hiérarchie renversée des sexes dans le domaine politique" (68).